La peculiarità del fotovoltaico a concentrazione o CPV è quella di abbinare costose celle FV dalle efficienze record a dispositivi ottici per concentrare la luce e inseguire il movimento del sole. Di solito però si tratta di impianti ingombranti, poco adatti al mercato del residenziale. Questo potrebbe cambiare grazie a una nuova tecnologia messa appunto alla Penn State University (in allegato in basso lo studio uscito su Nature Communications).
Il segreto sta nell’avere integrato celle FV multi-junction, il top in quanto a prestazioni con efficienze superiori al 40% (contro il circa 20% delle convenzionali celle al silicio cristallino), in un sistema ottico di concentrazione e inseguimento racchiuso in un pannello piano, potenzialmente molto economico da produrre e dalla stessa facilità di installazione di un normale modulo FV cristallino (vedi immagine).
In pratica nei nuovi moduli della Penn State, celle multi-junction all’arseniuro di gallio da 1 millimetro quadro l’una (create in collaborazione con la University of Illinois) sono racchiuse in un sandwich di plastica stampata in 3D. Lo strato superiore è fatto di una sorta di micro-lenti di ingrandimento, la parte inferiore è un sistema di piccolissimi specchi concavi. Assieme le micro-lenti e micro-specchi riescono ad aumentare di 200 volte la quantità di luce che colpisce le celle FV.
Completa il tutto un sistema di tracking, sempre di dimensioni micro, che spostando il dispositivo di un solo centimetro riesce a mantenerlo “a fuoco”, seguendo il sole per 8 ore di spostamento (vedi video sotto).
“L’idea è che questo modulo CPV ad inseguimento possa essere installato sui tetti nello stesso spazio che occuperebbe un impianto FV convenzionale, ma è in grado di produrre molta più elettricità. La forza pratica di questa soluzione è la sua semplicità”, spiega Noel C. Giebink, uno degli sviluppatori.
Essendo spessi solamente un centimetro e fatti interamente di plastica, escluse le celle e il cablaggio, i nuovi moduli solari potrebbero essere relativamente poco costosi da produrre.
Il CPV in generale ha il notevole vantaggio di produrre elettricità per un numero maggiore di ore al giorno, ma, va ricordato, è una tecnologia adatta solo per latitudini con grandi quantità di luce diretta: ad esempio il Sud Ovest degli Usa o Africa del nord, mentre in Italia probabilmente andrebbe bene solo in alcune aree del Sud.
Quella della State University non è la prima tecnologia che si propone di portare il CPV sui tetti grazie a dispositivi ottici piani per la concentrazione. Quei moduli, per i quali si prevedeva un costo, a parità di produzione, dal 30 al 50% inferiore rispetto ai convenzionali, per ora non sembrano essersi affermati al di fuori di applicazioni di nicchia.
Tecnologie come quella uscita dalla Penn State o quella del CPV ad ologrammi puntano soprattutto a tagliare i costi di produzione, ottenendo più energia con meno superficie di celle FV. Il crollo dei prezzi delle celle FV convenzionali avvenuto in questi ultimi anni però ha eroso questo vantaggio: il prezzo di celle e moduli pesa sempre meno sul costo totale dell’impianto.
Per il 2015 si prevede comunque una forte crescita per il mercato mondiale del fotovoltaico a concentrazione. IHS ad esempio stima una crescita del 37% con 50 MW di installazioni annuali, ma parliamo di tecnologie affermate per la produzione utility scale e non di queste nuove tecnologie per il residenziale. Di solare FV a concentrazione si parlerà a Aix-les-Bains, in Francia, dal 13 al 15 aprile in occasione della International Conference on Concentrator Photovoltaics.
Fonti:
Jared S. Price, Xing Sheng, Bram M. Meulblok, John A. Rogers, Noel C. Giebink. “Wide-angle planar microtracking for quasi-static microcell concentrating photovoltaics“. Nature Communications, 2015.