Il 7 dicembre la Corte Costituzionale ha pubblicato con un Comunicato Stampa il primo scoraggiante ed inatteso esito dell’udienza in merito all’illegittimità costituzionale del decreto c.d. Spalma incentivi.
“La Corte Costituzionale ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 26, commi 2 e 3, del decreto – legge 24 giugno 2014, n. 91 (convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116), cd. “Spalma incentivi”, nel settore dell’energia prodotta da impianti fotovoltaici.”
Cosa prevede lo Spalma Incentivi
Come gli operatori del settore ormai sanno bene, e come spiegato in nostri precedenti articoli lo Spalma Incentivi, ha stabilito che a decorrere dal 1° gennaio 2015 la tariffa incentivante per l’energia prodotta dagli impianti fotovoltaici di potenza superiore a 200 kWp sia rimodulata, secondo tre possibili opzioni di scelta, a discrezione del Soggetto Responsabile:
– OPZIONE A) estensione dai 20 ai 24 anni del periodo di incentivazione, a fronte di un calo dal 17% al 25% della tariffa incentivante, dipendente dalla durata del periodo incentivante residuo;
– OPZIONE B) mantenimento del periodo di erogazione ventennale, a fronte di una riduzione dell’incentivo per un primo periodo e di un corrispondente aumento dello stesso per un secondo periodo, in base a percentuali definite dal Ministero dello Sviluppo Economico;
– OPZIONE C) mantenimento del periodo di erogazione ventennale, a fronte di una riduzione percentuale fissata dal Decreto, crescente a seconda della taglia degli impianti.
Gli aspetti contestati
Secondo quanto aveva deciso il Tar, la Corte Costituzionale doveva decidere la legittimità costituzionale della norma (dell’art. 26, comma 3 del decreto 91/2014) con riferimento agli artt. 3, 41, 42, 76, 97 e 117 della Costituzione e ai principi di ragionevolezza e di uguaglianza.
Tra i vari aspetti contestati la norma, infatti, opererebbe un’illogica riduzione degli incentivi riconosciuti a investimenti già effettuati (aventi costi fissi e costanti e anzi con diminuzione della produttività dei pannelli), lederebbe la libertà di impresa tutelata dall’art. 41 della Costituzione e sarebbe discriminatoria rispetto ad altri soggetti titolari di impianti.
Cosa fare ora?
Una volta pubblicate le motivazioni del rigetto, i produttori di energia verde sono pronti per portare il dibattimento di fronte alla Corte Europea di Strasburgo.